Acqua – Beni Comuni

NO ALLA PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA!

FARE CHIAREZZA SULLA PRESENZA DELL’ARSENICO NELLA NOSTRA ACQUA.

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Si scrive acqua, lavoro e diritti, si legge democrazia!

Rifondazione Comunista è a fianco delle centinaia di migliaia di persone che nei mesi precedenti si sono mobilitate perché sia la proprietà che la distribuzione dell’acqua rimanessero in mano pubblica. Come è noto, il governo Berlusconi con il decreto Ronchi ha dato il via alla privatizzazione dei servizi idrici. Nella sua concezione iperliberista il governo non si è limitato ad aprire ai gestori privati il mercato della distribuzione dell’acqua (cosa già attiva peraltro in diverse realtà locali), bensì ha preso delle misure per obbligare le amministrazioni locali ad appaltare la gestione delle risorse idriche ad investitori privati oppure a vendere le proprie quote di maggioranza delle aziende municipalizzate.

La risposta a questo attacco al patrimonio pubblico è stata eccezionale. In pochi mesi grazie ad  un movimento che ha dimostrato uno straordinario entusiasmo, si sono raccolte quasi un milione e mezzo di firme, circa il triplo delle firme richieste a termini di legge per indire un referendum.

Anche a Ciampino Rifondazione si è impegnata, insieme al Comitato Acqua Bene Comune per la raccolta firme ottenendo un ottimo risultato sia in termini di numero di firme sia di partecipazione. La lotta per l’abolizione del decreto Ronchi e la ripubblicizzazione delle risorse idriche tuttavia non è finita, il governo sta infatti provando ad approvare una riforma dei servizi pubblici locali che di fatto toglierà ai cittadini il diritto di andare a votare per il referendum per cui si sono mobilitati.

Noi crediamo che il compito di un’amministrazione comunale in questo momento sia quello di:

1)      Sostenere la campagna per il SI ai due quesiti referendari con una fitta opera di sensibilizzazione e di informazione sul territorio, a partire dalle scuole.

2)   Fare tutto ciò che è in proprio potere per contrastare l’applicazione del decreto Ronchi, mantenendo la gestione pubblica delle risorse idriche e ripubblicizzando quei servizi che sono già stati appaltati ai privati.

3)      Sostenere la richiesta di moratoria del Comitato Acqua Bene Comune perché sia permesso di accorpare il voto del referendum alle elezioni amministrative in primavera, anche in caso di elezioni politiche anticipate.

Come Rifondazione Comunista e Federazione della Sinistra ci impegniamo a portare avanti con serietà e determinazione questi obiettivi e su questo chiediamo il consenso dei cittadini.

Nessun altro partito è in grado di portare avanti queste rivendicazioni. Il Partito Democratico è vincolato ad interessi economici che hanno tutto da guadagnare nella privatizzazione dell’acqua e per questo non ha sostenuto la battaglia referendaria. L’Italia dei Valori, invece di sostenere il referendum, ha preferito fare una campagna referendaria a parte con diversi quesiti in cui si puntava alla semplice abolizione del decreto Ronchi senza andare ad intaccare la privatizzazione delle risorse idriche laddove è già avvenuta in virtù di leggi locali. Quella dell’IDV si prefigura come la solita opposizione a Berlusconi, ma priva di contenuti reali che mirino a minare l’impostazione liberista del berlusconismo. Infine Sinistra Ecologia Libertà, nonostante i proclami in campagna elettorale del presidente della Puglia Nichi Vendola in cui si dava per certa nei primi 100 giorni di governo la ripubblicizzazione dell’acquedotto pugliese, si sta dimostrando non immune ai richiami di quegli stessi poteri economici che incatenano il Partito Democratico. Non solo infatti l’acquedotto pugliese non è stato ripubblicizzato, ma il PD, con l’avallo dei compagni di giunta di SEL, sta facendo passare degli emendamenti che di fatto stanno svuotando l’impianto originario della legge regionale di ripubblicizzazione.

L’acqua e la salute, la questione dell’arsenico

Nonostante il generale silenzio mediatico intorno alla vicenda, l’Italia è coinvolta in una importante emergenza sanitaria, legata alla presenza oltre i limiti di legge di arsenico nell’acqua che beviamo.

La normativa europea prevede una concentrazione massima di arsenico di 10mg/l, limite massimo che viene superato in 128 comuni italiani di cui ben 90 appartenenti alla regione Lazio e molti di questi fanno parte dell’area dei castelli romani, con un interessamento parziale anche del comune di Ciampino.

Il fatto nuovo è che l’Unione Europea ha bocciato l’ennesima moratoria richiesta dall’Italia che permettesse di continuare ad erogare acqua con concentrazioni di arsenico superiore ai 20mg/l (concentrazione a sua volta in deroga ai limiti di legge che può essere tollerata solo temporaneamente). Con questa bocciatura l’Unione Europea ha messo fuori legge ben 120 dei suddetti 128 comuni, che attualmente stanno superando anche il limite di 20mg/l.

L’ACEA ha dichiarato che grazie ad interventi tecnici la concentrazione di arsenico nell’acqua nei comuni di Castel Gandolfo, Ariccia, Albano, Genzano, Ciampino, Lariano, Castel Nuovo di Porto, Lanuvio, Velletri, Tolfa e Trevignano, è stata riportata sotto i 20mg/l. Tuttavia queste dichiarazioni generiche per noi non sono sufficienti, noi vogliamo che si chiarisca pubblicamente:

1)       Quando e quali interventi tecnici sono stati applicati dal gestore per garantire l’abbassamento di Arsenico che è stato verificato.

2)      Quale zona di Ciampino è interessata da questo problema e per quale motivo l’Amm.ne Comunale non ha ancora assolto l’obbligo di avvisare la popolazione interessata che tale acqua non deve essere somministrata ai neonati e ai bambini fino a tre anni.

3)      Se l’Amm.ne intende fare un reale intervento di trasparenza su tali controlli inserendo sul sito istituzionale, con un apposito link, i valori di tutte le analisi che si sono effettuate e che si effettueranno.

L’importanza della proprietà e della gestione pubblica delle risorse idriche

La vicenda dell’arsenico conferma la necessità che la gestione del servizio idrico sia assolutamente pubblica. Per la tutela della nostra salute è indispensabile che la gestione delle risorse idriche non sia dominata dalla logica del profitto espressa da imprenditori senza scrupoli (i soliti noti) che da anni devastano il nostro territorio con le cementificazioni ed il business dei rifiuti, ma solo da quella dell’utilità e della salute pubblica.

L’acqua costituisce un monopolio naturale, per cui il prezzo lo fa chi la distribuisce. L’esperienza ha ampiamente dimostrato che laddove la gestione delle risorse idriche sono state affidate ai privati le bollette sono aumentate enormemente senza reali vantaggi in termini di servizio per gli utenti.

Per tutti questi motivi la battaglia contro la privatizzazione di ACEA non deve essere che il primo atto di una lotta contro la precarietà dei lavoratori di ACEA e verso il controllo diretto degli utenti e dei lavoratori stessi dell’azienda sulle risorse idriche.

Questo è il solo modo per garantire a tutti un servizio idrico equo e che tuteli la salute degli utenti.